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O’JANA’ – INLAND IMAGES

Quante note servono per un filtro d’amore?Sabato 6 luglio, ad Ardenno, Alessandra Bossa e Ludovica Manzo, vestite da O-Janà, hanno cercato la risposta a questa domanda insieme al pubblico di AmbriaJazz. E se O-Janà viene da janara, che vuol dire “strega” o “incantatrice” nella tradizione campana, allora è stato proprio un incanto a legarci tutti alle poltrone della Sala Marvelli. Fino alla fine.

È andata così: due donne sottili, vestite di nero, bellissime e quasi sfocate, hanno preso i loro posti sul palco. Si sarebbero dette una pianista e una cantante, non fosse stato per la serie luccicante di manopole tasti antenne che avevano davanti. Alcuni concerti coinvolgono talmente lo spettatore da miscelare ascolto e visione, tatto e odorato, gusto e percezione. In quella sala, allo scoccare del primo brano, scommetto che nessuno dei presenti riuscisse più a distinguere un senso dall’altro.

Si sentivano gocce di pianoforte ad accompagnare una malìa vocale fatta di melodie algide o di inseguimenti morbidi e bui. E poi suoni rarefatti, riverberati, moltiplicati. La voce modulata e rimodulata per non essere voce, in un continuo modificarsi di labirinto mobile minimalista. Improvvise, immagini dall’entroterra dell’animo umano: l’attimo congelato in cui un amore prende coscienza d’essere morto, un giardino ghiacciato, il riflesso dello specchio sulla toletta, fiamme che si spengono nell’oscurità, acqua che filtra, piane gelate di suoni sintetizzati percorse da raffiche di voce calda.

Vedevo gli sguardi incastrarsi sul bracciale corallo di Ludovica o fra i capelli di Alessandra, scivolare su un piede nudo per cercare di posarsi su un viso sfuggente e trovare conforto nelle mani che stringevano il microfono. Nel frattempo il numero di note suonate (quante ne servono per un filtro d’amore?) sembrava piccolissimo e grande allo stesso momento, come un ventaglio in doppia prospettiva.

Quando è finito, nessuno voleva smettere di applaudire. Eravamo tutti ammaliati, che ci fossero troppe o troppo poche note in quel filtro. Che ci fosse in questa strega la strega di Bulgakov, che da un momento all’altro ti aspetti voli via su una scopa, nuda e filiforme, o Giovanna d’Arco che danza col fuoco.

 

 

 

 

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